DA ROMA ALLA TERZA ROMA
XXXV SEMINARIO INTERNAZIONALE DI
STUDI STORICI
Campidoglio, 21-22 aprile 2015
Silvia Toscano
“Sapienza”
Università di Roma
SANTO
STEFANO DI PERM’: CRISTIANESIMO E POPOLI PAGANI
Alla fine del XIV secolo si assiste nelle terre russe ad una
rinascita del monachesimo sotto molteplici aspetti, contemporaneamente al
consolidarsi della potenza moscovita e al primo tentativo riuscito –
simbolicamente molto significativo – di liberazione dall’Orda tatara con
Dmitrij Donskoj a Kulikovo nel 1380.
San Sergio di Radonež (Sv. Sergij
Rodonežskij 1314-1392), fondatore della Lavra della Trinità, è il principale
artefice del rinnovamento monastico, con la creazione di una decina di monasteri
e della Regola loro destinata; a lui è profondamente legato il discepolo
Epifanio il Saggio (Sv. Epifanij Premudryj 1331?-1420 ca), noto
monaco-agiografo, autore oltre che della Vita
del grande Sergio, di un'altra celebre agiografia[1],
notevole per qualità letteraria e innovazioni stilistiche, quella dedicata al
confratello Santo Stefano di Perm’ (Sv. Stefan Permskij 1340-1396), iniziatore
della missionarietà russa.
Stefano, nato a Ustjug[2] nel 1346,
era divenuto monaco a Rostov nel monastero di S. Gregorio Teologo, dove ebbe la
possibilità di studiare a fondo il greco e gli scritti dei Padri approfittando
della ricca biblioteca posseduta in quel cenobio[3]. Iniziò quindi
un percorso del tutto personale, né ascetico né cenobitico, ma, spinto da un
incontenibile podvig missionario, si
prefisse lo scopo di andare a convertire il selvaggio popolo dei Komi,
stanziati nelle regioni a nord- est della zona di Ustjug, a ridosso degli
Urali, sul corso superiore dei fiumi Dvinà e Pečora. Territori che oggi
appartengono al Kraj di Perm’ e alla
Repubblica dei Komi della Federazione russa. Tali territori erano popolati da
numerose tribù parlanti dialetti ugro-finnici, quelle con cui avrà a che fare
direttamente Stefan sono chiamate in russo Zyrjane (ital. Sirieni) e Permjakì
(ital. Permiani). Esse praticavano una religione di tipo animista combinata con
il culto degli antenati[4]. Non
sono popoli del tutto sconosciuti alla Rus’ antica, visto che vi è una duplice menzione
nella Cronaca degli anni passati[5], quindi
già nel XII secolo se non prima in quelle zone arrivarono i mercanti di
Novgorod, senza però operare una vera sottomissione, tanto che si può dire che
Novgorod dal XIII secolo esercitasse soltanto una “vaga sovranità” sulla
regione di Perm’[6]. Essa risulta sì come una sua
volost’, ma conservando una ben
definita indipendenza, politica e amministrativa, di fatto si limitava a pagare
un tributo in pellicce.
Tuttavia dei Komi Permjaki, al di
fuori dalla cerchia dei mercanti novgodoriani, nessuno sembra interessarsi.
Stefano probabilmente ne aveva avuto sentore nella nativa Ustjug, quasi di
sicuro ne aveva conosciuti, forse imparandone fin da giovane i rudimenti della
lingua. La Vita riferisce che,
preparandosi alla missione, Stefano cercasse con zelo tutte le informazioni
possibili sulla terra permiana, dove fosse esattamente, con chi confinasse,
quali fiumi e quali popoli la occupassero, quali invece vivessero nelle
vicinanze.
Epifanij riporta i nomi dei
luoghi, dei paesi, delle etnie che facevano parte della Permskaja zemlja, queste ultime sono (in un’approssimativa resa
italiana): Dviniani, Ustjužani, Viležani, Samoedi, Careli, Sirieni, Pìnežani,
Južani, Galičani, Vjatčani, Loparì (ossia Sami, Lapponi), Jugri (nella
zona a nord degli Urali), Chanti, Mansi, Pečorani, Voguliči (= Mansi),
Pertasi. Quindi con precisione elenca i corsi d’acqua: «Un fiume chiamato Vym
scorre attraverso tutta la terra Permiana e sfocia nella Vyčegda, un altro
fiume. Quest’ultimo ha origine nella terra Permiana e scorre verso nord, quindi
si getta nella Dvina, a 40 stadi (verste) dalla città di Ustjug. Il terzo
fiume, chiamato Vjatka, scorre dall’altra parte della terra di Perm’ e si getta
nella Kama. C’è infatti un quarto fiume, di nome Kama. Questi fiumi percorrono
tutta la terra permiana e sulle loro rive sono insediati molti popoli»[7]. E’
attraverso i fiumi che si possono raggiungere quelle terre lontane; Epifanij ha
chiaro l’itinerario che compirà il santo: «c’è una strada (fluviale) dalla
città di Ustjug verso nord lungo il fiume Vyčegda fino ad entrare nella
stessa Perm’»[8]. Ma ciò che conta è il
fatto che la parola degli apostoli non abbia ancora raggiunto quelle
popolazioni ed essi siano ancora irrimediabilmente pagani.
Oltre che con un bagaglio di
conoscenze etnico-geografiche, la modalità con cui Stefano intraprende la
missione evangelizzatrice di Sirieni e Permiani è davvero sorprendente per la
Rus’ dell’epoca: decide di imparare a fondo la loro lingua e poiché sono popoli
pressoché analfabeti, crea un alfabeto apposito e con esso traduce i sacri
libri in permiano. La Rus’ fino ad allora non ha grande esperienza di pratica
missionaria, avendo essa stessa ricevuto il battesimo solo alla fine del X
secolo per mano greca e avendo dovuto più che altro sconfiggere il paganesimo
interno e organizzare la propria Chiesa; questo è il primo banco di prova
relativamente alla conversione di un nuovo popolo e il monaco Stefan, investito
della missione, sceglie un approccio non di “russificazione-cristianizzazione”,
o se vogliamo di “cristianizzazione-russificazione”, bensì di pura conversione,
sul modello degli antichi apostoli o dei “pari agli apostoli”, come san
Costantino-Cirillo, modello cui Stefano si ispira e a cui rimandano numerosi
riferimenti testuali nella Vita[9].
Come San Cirillo, Stefano vuole
portare la parola di Dio ai Komi nella loro lingua, perché la comprensione
vera, “intelligente” (razumnyj) del
messaggio divino è il presupposto per la Salvezza: e questa auspica Dio
misericordioso e benevolo, che più di ogni altra cosa desidera che gli uomini
si salvino giungendo alla conoscenza della Verità. I popoli Permiani non hanno
ancora conosciuto Dio, nessun apostolo si era mai avventurato nelle loro terre
per istruirli, quindi essi non hanno colpa di essere idolatri, per un disegno
della Provvidenza tocca ora a Stefan portare loro la luce, anche se mancano
solo 120 anni[10] alla fine del mondo, non
tutto è perduto. Ogni popolo ha infatti pari dignità davanti a Dio, non importa
quando abbia conosciuto il Cristianesimo, se fin dall’inizio o dopo molti
secoli, come ribadiva a più riprese la Vita
del grande Tessalonicese[11].
Il fatto che la scelta provvidenziale
salvifica sia caduta adesso su un missionario russo, è amplificata oltremodo
dall’agiografo Epifanij e ci dice molte cose sulla nuova percezione che la
Chiesa russa ha ora di sé e del suo ruolo: da “allieva” della cristianità
bizantina adesso si è trasformata in “maestra” per altri popoli pagani[12]. Ha
raggiunto una sua dignità evangelizzatrice autonoma. Per la prima volta, un
monaco russo diventa l’apostolo di altre genti, così come Giovanni lo era stato
dell’Asia, Tommaso dell’India, Marco dell’Egitto o Vladimir il grande della
Rus’. Ma nello stesso modo in cui la cristianità russa condannava
l’imperialismo ecclesiale bizantino, così Stefano, per bocca di Epifanij, non
vuole sostituirlo con quello moscovita, tutt’altro, ed infatti si presenta dai
Permiani dopo essersi immerso nella loro lingua, fattosi “permiano tra i
permiani”, potremmo dire, senza volontà di russificazione. Proprio come san
Cirillo, lui greco, aveva agito presso gli Slavi Moravi. In questo sta la
grande novità del propodobnyj Stefan
e il suo personale contributo alla storia missionaria russa.
Come san Cirillo, Stefano è
dottissimo, conosce perfettamente il greco e ha il dono delle lingue, in poco
tempo riuscirà ad imparare il permiano e a inventarne un alfabeto, detto Abur o Anbur – dal nome delle prime due lettere – alfabeto che graficamente
è un misto di cirillico (slavo-ecclesiastico), greco e una sorta di segni
locali, detti pasy[13],
lineette geometriche simili alle rune. Le lettere inventate sono 24, come in
greco, ne saranno poi aggiunte altre 2 (i suoni della lingua permiana erano 35,
alcune lettere indicano quindi più suoni). Sono rimaste poche testimonianze
dell’alfabeto, in tutto 225 parole, in mss. dei secoli XV e XVI: glosse in mss.
russi, iscrizioni su icone, elenchi di lettere. Fu usato inoltre come tajnopis’ (scrittura segreta) a Mosca
nei secc. XV-XVI. Dal XVII secolo tale alfabeto cadrà in disuso e un nuovo
indirizzo politico ed ecclesiale sosterrà l’utilizzo di una scrittura su base
slavo-russa, quindi cirillica, per la lingua dei Komi[14].
Creato dunque l’alfabeto, Stefano
ottiene l’approvazione dalla sede della metropolia[15] per la
missione e riceve la benedizione per i libri ecclesiastici tradotti in permiano[16], cosa
che non era affatto scontata: tradurre la parola di Dio in una nuova lingua,
per di più senza dignità letteraria, nel XIV secolo non è una prassi comune,
Stefan finalmente parte per quelle lontane terre. Comincia a predicare nella
lingua del popolo e riesce a convertire da subito molti Sirieni. Tuttavia gran
parte della popolazione gli è avversa, e, come agnello tra i lupi, rischia
molte volte di essere linciato dalla folla inferocita, armata di randelli, rami
infuocati, frecce, ma Dio è con lui e riesce sempre a scamparla.
Fonda una prima chiesa a
Ust’-Vym’ (antica Jendin, alla confluenza del fiume Ust’ e della Výčegda, a
72 km dalla capitale dell’attuale Repubblica dei Komi, Syktyvkar), luogo che
diventerà la sede della prima eparchia, il centro di irraggiamento della fede
cristiana. L’Ufficio liturgico sarà in permiano. Alla chiesa viene annessa una
scuola per insegnare a leggere, scrivere e copiare i testi. E incessantemente,
ricorda la Vita, egli insegnava,
traduceva e lottava contro gli idoli pagani. Il maggior sforzo fu proprio
quello di dimostrare la falsità degli idoli, di cui erano disseminati i boschi
del territorio, e Stefano compie continue spedizioni per distruggerli e
impedirne i sacrifici. Le conversioni aumentano, sempre più numerosi sono i seguaci
e ciò spaventa il capo sciamano Pam, che cerca in ogni modo di convincere i
Permiani a non rigettare la fede dei padri e a guardarsi da questo straniero
ingannatore venuto da Mosca! Pam intuisce (come riferisce Epifanij) che
accogliendo il Cristianesimo i Permiani rischiano di perdere la propria libertà
e identità, non vi è nessun vantaggio per il suo popolo rigettare le tradizioni
avite per seguire il giovane moscovita[17]. Ma i
Permiani già battezzati rispondono che gli idoli caduti sono rimasti inermi,
non hanno dato segnali e quindi si sono convinti che il vero Dio è quello dei
Cristiani. Pam intraprende con Stefano una lunga disputa, che ricorda in parte
quella di Pietro con Simon Mago, da cui il futuro santo esce ovviamente
vincitore.
Il fatto che il culto cristiano
fosse officiato nella lingua nativa giocò, possiamo dire, un ruolo decisivo
nell’opera di convincimento di quel selvaggio popolo, che non percepì Stefano
come uno straniero portatore di una fede straniera, un usurpatore, ma proprio
dalle parole e dall’eloquenza di Stefanо in permiano troverà un
nutrimento spirituale mai conosciuto prima.
L’operazione di Stefano è
ufficializzata con la sua nomina a vescovo della terra permiana da parte di
Dmitrij Donskoj e del metropolita Pimen (1383). Mosca gli procura mezzi
necessari per accrescere l’organizzazione ecclesiastica e presto furono costruite
altre chiese, monasteri e scuole[18]. Si
sono anche conservate icone a lui attribuite – Stefano secondo la tradizione fu
anche eccellente iconografo – tra cui la famosa Trinità dei Sirieni, che conserva la più antica iscrizione in
lingua antico-permiana in alfabeto Abur,
oggi conservata al Museo statale di Vologda.
Attraverso la nuova sede
vescovile, a Mosca è possibile avanzare pretese sulle terre dei Komi ed è in
questo momento che esse diventano “merce di scambio” nel conflitto con Novgorod,
che segna diversi momenti in cui si alternano vittorie e sconfitte e una
nutrita serie di reciproche alleanze con le popolazioni locali della Dvinskaja e Permskaja zemlja[19]. Come
sappiamo, il conflitto sarà risolto poi nel 1472 con l’intervento dell’esercito
inviato da Ivan III e il passaggio definitivo nel 1478 della Permskaja zemlja al principato moscovita[20]. Il
santo è stato accusato successivamente di atteggiamento filomoscovita, anti
Novgorod, ma come si può vedere anche dalla sola testimonianza riportata dalla Vyčegodsko-Vymskaja letopis’[21] egli si recò a Novgorod in umiltà e pace per il bene
della sua chiesa appena costituita e dei neo-battezzati, l’unica cosa che gli
stava a cuore infatti era consolidare il salvifico
messaggio cristiano tra le genti pagane. Ricordiamo però che, quando la regione
fu sotto il controllo politico di Mosca e del Gran principato, lo
slavo-ecclesiastico rimpiazzò il permiano nell’uso liturgico e, a poco a poco, anche
l’alfabeto inventato da Stefano uscì dall’uso. Ci vorranno inoltre dei secoli
perché il paganesimo nella regione fosse davvero sconfitto, i russi dovranno
organizzare numerose campagne dal XVII al XIX secolo per debellarlo
definitivamente[22].
Tuttavia, la memoria dell’opera
dell’“apostolo di Sirieni e Permiani”, morto a Mosca nel 1396, non andò affatto
perduta. Sepolto al Cremlino, tra i membri minori della famiglia principesca,
fu riconosciuto santo già durante la sua vita, benché la canonizzazione risalga
al 1549 con il metropolita Makarij.
Ed il suo modello di apostolato
presso nuovi popoli ha avuto secoli più tardi degli epigoni: quando i russi
attraverseranno lo stretto di Bering arrivando in Alaska, lo zelo missionario
di S. Innokentij Veniaminov, in seguito metropolita di Mosca, lo porterà a
comporre una grammatica aleutina[23] e a
tradurre in quella lingua i Vangeli e la liturgia di San Giovanni Crisostomo.
Siamo nel 1826, i popoli (eschimesi) di Kamčatka, Kurili, isole Aleutine,
Alaska, conosceranno il cristianesimo unitamente all’alfabeto e avranno in S.
Innokentij il loro primo vescovo e maestro. Egli con S. German pose le basi
della chiesa ortodossa d’America di matrice russa, alla quale il Patriarcato
moscovita ha riconosciuto unilateralmente lo statuto di Chiesa autocefala[24].
[Un
evento culturale, in quanto ampiamente pubblicizzato in precedenza, rende
impossibile qualsiasi valutazione veramente anonima dei contributi ivi
presentati. Per questa ragione, gli scritti di questa parte della sezione
“Memorie” sono stati valutati “in chiaro” dal Comitato promotore del XXXVII
Seminario internazionale di studi storici “Da Roma alla Terza Roma”
(organizzato dall’Unità di ricerca
‘Giorgio La Pira’ del CNR e dall’Istituto di Storia Russa dell’Accademia delle Scienze di Russia, con
la collaborazione della ‘Sapienza’
Università di Roma, sul tema: LE CITTÀ DELL’IMPERO DA ROMA A COSTANTINOPOLI
A MOSCA) e dalla direzione di Diritto @ Storia]
[1]Per notizie su Epifanij, le sue
opere e relativa bibliografia rimandiamo a G.M. Prochorov, v. Epifanij Premudryj, in Slovar’
kižnikov i knižnosti Drevnej Rusi, vyp. 2, č.1 (A-K), Leningrad 1988,
211-220. La Vita di Santo Stefano di Perm
è pervenuta in circa 20 manoscritti (XV-XVII secc.) suddivisibili in tre
principali rami, cf. A.V. Duchanina, Izdanie Žitija Stefana Permskogo: sovremennoe sostojanie i perspektivy,
in Drevnaja Rus’. Voprosy medievistiki
4 (42), 2010, 20–41; essa è stata edita quattro
volte, ma nessuna edizione proposta può dirsi soddisfacente. Nel presente
lavoro utilizzeremo l’edizione contenuta in Biblioteka
drevnej Rusi, 12, XVI sec., a cura di Ju.A. Gribov et alii, Sanktpetersburg
2003, 144-231 (indicheremo i passi citati come BDR seguito dal numero di pagina), che riporta anche la traduzione
in russo moderno. Precedentemente era uscita un’altra traduzione moderna per
opera di G.I. Tiraspol’skij, Žitie
Stefana Permskogo, Syktyvkar 1993.
Gli studiosi dapprima ritenevano
la Vita composta tra 1396-1398, di
recente si propende per un periodo più tardo, 1406-1410, visto che Epifanij
stesso dice di essersi documentato a lungo dopo la morte del santo, prima di
accingersi a scriverne la Vita, cf. G.M. Prochorov,
cit., 12 ss.; A.V. Duchanina, Tekstologičeskaja
klassifikacija spiskov Žitija Stefana Permskogo i problema pervičnych
čtenij, in
Lingvističeskoe
istočnikovedenie i istorija russkogo jazyka, Moskva 2011, 263 ss.
[2] Al tempo, Ustjug faceva parte
della cosiddetta Dvinskaja zemlja (Territorio della Dvinà),
possedimento di Novgorod a partire dall’XI secolo e successivamente parte costitutiva
della Repubblica, che ne gestiva il sistema di tassazione pagando per questo
diritto un notevole contributo al Gran Principe di Mosca. Attraverso il suo
territorio passava la via fluviale che collegava Novgorod con gli Urali e la
Siberia, lungo la Suchona e la Vyčegda. Fin dal tempo di Ivan Kalità, i
Moscoviti avevano tentato di annettere la Dvinskaja
zemlja ai propri possedimenti,
riuscendo in un primo momento a conquistare le città della parte meridionale,
come Beloozero e Ustjug, poi, alla fine del XIV secolo, gli Dviniani sostennero
le pretese di Mosca e, come si legge nella Dvinskaja
ustavnaja gramota emanata dal gran principe Vasilij I Dmitrevič, il
loro kraj fu unito al Gran
Principato. Tuttavia, dal 1398 al 1478 di nuovo si trovò sotto il controllo
della Repubblica di Novgorod, per entrare poi definitivamente nello carstvo moscovita, con la denominazione
di Dvinskoj uezd. Le votčiny dei boiari di Novgorod
furono confiscate e le loro terre passarono a obrok ai nuovi possessori fedeli al gran principe.
[3] Sulla figura di Santo Stefano di
Perm’, si cf. anche G.P. Fedotov, Svjatitel’ Stefan Permskij, in Svjatye
Drevnej Rusi, Moskva 1990.
[4] Cf. J. Forsythe, A History of the Peoples of Siberia:
Russia’s North Asian Colony 1581-1990, Cambridge 1994, 5.
[5] La più antica cronaca russa,
redatta tra XI e XII secolo riporta due volte nella parte introduttiva il nome
dei Permiani, dapprima tra i popoli insediati nei territori toccati in sorte a
Jafet, quindi tra quelli di etnia finnica o baltica che in un lontano e non ben
precisato passato popolavano le regioni settentrionali e pagavano un tributo
alla Rus’.
[6] N.V. Rjazanovsky, Storia della Russia. Dalle origini ai nostri
giorni, Milano 1989, 110.
Novgorod
riscuoteva tributi dalle tribù ugrofinniche di Permiani e Jugri, stanziati al
confine orientale della Dvinskaja zemlja,
tra cui il noto zakamskoe serebrò.
Nel 1472 Ivan III strappò a Novgorod la sola zona permiana (Velikaja Perm’), fino all’annessione
definitiva allo carstvo moscovita del
1478, che comportò la cessione a Mosca di tutti i territori della Grande
Novgorod compresa tutta la parte al di là dei confini del Zavoloč’e (termine con cui si intende la zona oltre i confini
della regione di Novgorod in senso stretto, situata za volok); sull’annessione e la confisca delle terre cf. S. Toscano, La città di Novgorod nello Carstvo moscovita, in Diritto@Storia 15, 2018
(http://www.dirittoestoria.it/15/memorie/Toscano-Silvia-Citta-Novgorod-carstvo-moscovita.htm).
[7] «Река же едина,
ейже имя Вымь,
си, обиходящиа
всю землю Пермьскую,
и вниде въ Вычегду.
Река же другая,
именем Вычегда,
си, исходящиа
из земля Пермьскиа
и шествующи къ
сѣвернѣй странѣ,
и своим устьем
вниде въ Двину,
ниже града Устьюга
за 40 поприщъ. Река
же третьая, нарицаема
Вятка, яже течет
съ другую страну
Перми и вниде
в Каму. Река же
четвертая, си
есть именем Кама.
Си убо обиходящиа
и проходящиа всю
землю Пермьскую,
сквозѣ ню, по ней
же мнози языцы
седят» BDR, 158.
[8] «путь есть
от града от Устюга
рекою Вычегдою
въверхъ, дондеже
внидет в самую
Пермъ» ibidem.
[9] Nel capitolo intitolato O azbuky permstěj (Sull'alfabeto
permiano) viene utilizzato il noto trattato Sulle
lettere del monaco Chrabr – apologia della creazione dell'alfabeto slavo da
parte di Costantino-Cirillo e della sua traduzione dei testi sacri, dalle
accuse mosse dal clero greco – in un continuo dettagliato raffronto tra
l'Apostolo degli Slavi e Stefan, apostolo dei Permiani. Addirittura, per
l'agiografo Epifanij, Stefan è superiore a Cirillo perchè quest'ultimo ebbe
l'aiuto del fratello Metodio, mentre il russo compì un'analoga missione tutto
da solo: «Оба сиа
мужа добра и мудра
быста и равна
суща мудрованием.
Оба единакъ, равенъ
подвигъ обависта
и подъяста, и Бога
ради оба потружастася
— овъ спасениа
ради словѣном,
овъ же — пермяном.
Яко двѣ свѣтилѣ
свѣтлѣ, языки
просветиста […]
Но Кирилу Философу
способляше многажды
брат его Мефодий
— или грамоту складывати,
или азбуку съставливати,
или книги переводити.
Стефану же никтоже
обрѣтеся помощникъ,
развѣ токмо единъ
Господь» BDR, 186. (Entrambi questi
uomini erano buoni e saggi e pari nella sapienza. Entrambi mostrarono e
suscitarono la stessa impresa e per Dio entrambi si sacrificarono – uno per la
salvezza degli Slavi, l’altro dei Permiani. Come due lucerne luminose,
illuminarono i popoli. Ma Cirillo il Filosofo fu aiutato molte volte dal
fratello Metodio e nell’ organizzare le lettere, nel comporre l’alfabeto o nel
tradurre i libri. Stefano invece non ebbe l’aiuto di nessuno, se non quello del
solo Dio).
[10] Era idea comune presso gli
ortodossi russi che, nell’anno 7000 dalla Creazione, il mondo avrebbe avuto
fine e sarebbe sopravvenuto il Giudizio Universale. Se la Creazione era stata
fissata 5508 anni prima della nascita di Cristo, ecco che nel 1372 mancavano
solo 120 anni al fatidico 1492 (7000-5508= 1492-1372= 120).
[11] Già nel I capitolo della Vita Constantini, leggiamo: «Dio
misericordioso e benevolo, attendendo che gli uomini si pentano, perché ‘tutti
si salvino e giungano alla conoscenza della verità’ […] non tollera che il
genere umano soccomba alla debolezza e perisca cadendo nella tentazione del
diavolo, ma in ogni anno ed in ogni tempo non cessa di elargirci una grazia molteplice,
dall’origine fino ad oggi allo stesso modo: prima attraverso i patriarchi ed i
padri; dopo di loro, attraverso i profeti; dopo ancora attraverso gli apostoli
e i martiri, gli uomini giusti e i dottori, che egli seleziona da questa vita
tempestosa […]. Ha fatto lo stesso anche con la nostra gente, avendo suscitato
per noi questo Maestro, che illuminò la nostra stirpe, la quale per debolezza
o, meglio, per l’inganno del diavolo, aveva oscurato la propria mente e non
aveva voluto ‘camminare nella luce dei precetti divini’», cit. in V. Peri, Cirillo e Metodio. Le biografie paleoslave,
Milano 1981, 63. Altri passi significativi si trovano ai capp. XIV.16; XV.3-9 e
nell’intero cap. XVI. Gli stessi concetti sono presenti anche nella Vita Methodii, nel trattato Sulle lettere del monaco Chrabr, e in alti
testi slavi antichi. Sull’“ideologia cirillometodiana” si rimanda all’illuminante
saggio di R. Picchio, Questione della lingua e Slavia cirillo-metodiana, in Studi sulla questione della lingua presso
gli Slavi, Roma 1972, 34 ss.
[12] Ciò è ben messo in luce da H. Goldblatt, Epifanio il Saggio, in Storia della civiltà letteraria russa 1,
a cura di R. Picchio e M. Colucci, Torino 1992, 109.
[13] Per pasy si intende un sistema di segni grafici per lo più di forma geometrica
che contiene informazioni sulla provenienza e i legami familiari di ogni
singolo uomo. La forma base del pas è
tramandata dal padre al figlio minore, senza
cambiamenti, mentre ai figli maggiori essa è modificata con l’aggiunta di nuovi
dettagli o cambiamenti della disposizione. I segni-base sono complicati di
generazione in generazione con l’aggiunta di trattini inclinati, paralleli,
perpendicolari, a zig zag, di puntini o cerchietti. Sono realizzati tramite
tacche, intagli, filettature, rigature fatte con la scure o il coltello.
[14] Per
notizie sulla lingua e la scrittura siriena, basterà rimandare a V.I. Lytkin, Drevnepermskij jazyk, Moskva 1952; ID., Istoričeskaja grammatika Komi jazyka,
Syktyvkar 1957; A.S. Sidorov, Novye pamjatniki drevnekomi pis’mennosti, in Voprosy finno-ugorskogo jazykoznanija, Moskva 1962 e al recente
sito: http://peoples.org.ru/abur.html. Sull’uso come tajnopis’, cf. M.N. Speranskij, Tajnopis’ v jugoslavjanskich i russkich pamjatnikach
pis’ma, Leningrad 1929. Sull’alfabeto creato da Stefano, C. Ferguson, St. Stefan of Perm and applied Linguistics,
in To Honor Roman Jakobson, Essays
on the Occasion of his Seventieth Birthday, The Hague 1967, v. I, 643-653 (rist. in
Language Problems of Developing Nations,
New-York 1968).
[15] Al tempo, la sede era vacante, perché Costantinopoli non
si decideva a nominare un metropolita per le terre russe. Faceva le sue veci
Gerasim, vescovo di Kolomna, colui che un tempo aveva tonsurato Stefan, lo
conosceva bene e gli era molto affezionato.
[16] Si tratta di Orologhion, Ottoeco, Salterio, e altri libri: «Часословецъ
явѣ и Осмогласникъ
и Пѣсница Давыдова
но и вся прочая
книги» BDR, 194.
[17] «Мужи, братиа
пермьстии, отечьских
боговъ не оставливайте,
а жрътвъ и требъ
их не забывайте,
а старыи пошлины
не покидывайте,
давныи вѣры не
пометайте. Иже
твориша отцы наши,
тако творите.
Мене слушайте,
а не слушайте
Стефана, иже новопришедшаго
от Москвы. От Москвы
может ли что добро
быти нам? Не оттуду
ли нам тяжести
быша и дани тяжкиа,
и насильство,
и тивуни, и довотщицы,
и приставницы?
Сего ради не слушайте
его, но мене паче
послушайте, добра
вам хотящаго»
BDR, 166 (Uomini, fratelli, Permiani, non rigettate gli dèi dei padri, non
dimenticate i sacrifici e i rituali, non abbandonate le vecchie abitudini, non
gettate via la vecchia fede. Ciò che hanno fatto i vostri padri, fate anche
voi. Ascoltate me e non ascoltate Stefan, che è appena arrivato da Mosca. Può
venirci qualcosa di buono da Mosca? Non ci sono venute da lì tanti fardelli e
pesanti tributi, e violenza, comandanti, esattori e sorveglianti? Per questo
non ascoltatelo, ma piuttosto ascoltate me, che voglio il vostro bene!).
[18] Sull’organizzazione dell’insegnamento, la
fondazione di chiese e i monasteri, la Vita
parla diffusamente nel capitolo intitolato Poučenie.
Per l’attività missionaria del santo nel suo complesso, si cf. T.R. Rudi, Santo Stefano di Perm’ e la Missione tra gli
Ziriani. Aspetti
storici e agiografici, in Le Missiоni della Chiesa Ortodossa Russa, Bose 2007, 53-68.
[19] Fonte preziosa per
questi eventi è la Vyčegodsko-Vymskaja
letopis’ (Annali di Vyčegda e
Vym’), Sytyvkar 1958, 257 ss.),
in cui tra l’altro si legge: «Лета 6893
владыко
новугородский
разгневан бысть
зело, како
посмел Пимен
митрополит
дати епархия
в Перме, в
вотчине
святей Софии
и прислал
дружинники
воевати
пермскую епархию.
Позвал
владыко
Стефан
устюжан, им бы
беречи
Пермскую
землю от
разорения.
Устюжане
побили
новугородцев
под Чорной
рекой под
Солдором.
лета 6894
новугородцы
со двиняны
воевали на
Волге, а
идучи оттуды
великого
князя
волости и
вычегодские,
и устюжские
воевали-ж, и
князь
великий
Дмитрей
ослушенников
побил,
волости
вернул себе и
с новугородцев
и с двинцов
окуп взял.
Того же лета поиде
епискуп
Стефан в
Новгород,
потому с Новугородом
размирье.
Стефан
поклонился владыке
и боярам
новгородским,
дабы дружинником
новгородским
не разорити
впредь Пермскую
землю и
епархию […].
Отпущен
владыко
Стефан от Новугорода
с милостию и
с дарами». (Nell’anno 1385, il
vescovo di Novgorod si adirò moltissimo perché il metropolita Pimen aveva osato
concedere l’eparchia a Perm’, nella votčina
di S. Sofia e aveva inviato gli alleati a combattere l’eparchia di Perm’. Il
vescovo chiamò gli Usjužani affinché proteggessero la Terra permiana dalla
devastazione. Gli Usjužani sconfissero i Novgorodiani sotto il fiume Nero,
sotto Soldor. Nell’anno 1386 i Novgodoriani con gli Dviniani combatterono sul
Volga e da lì combatterono il gran principe per le volosty, e i Vyčegodski e gli Ustjužani, e il gran principe
Dmitrij Ivanovič sconfisse gli insorti, si riappropriò delle volosty e prese un tributo da
Novgorodiani e Dviniani. Lo stesso anno andò il vescovo Stefano a Novgorod per
fare la pace con Novgorod. Stefano si inchinò al vescovo e ai boiari di
Novgorod affinché gli alleati di Novgorod non assalissero più la Terra permiana
e l’eparchia… Il vescovo Stefano fu congedato da Novgorod con benevolenza e con
doni).
[20] Nel
1472, dopo una serie di offese portate dai Permiani ai mercanti moscoviti, Ivan
III inviò nella regione un voevoda di
Mosca, il principe Fedor Pëstryj con l’esercito che sottomise la regione e la annette
al Principato moscovita. In quest’anno per la prima volta sono menzionate nel Sinodiko del Monastero Čerdinskij i
nomi di alcuni principi e principesse permiane. Dopo l’annessione, comandava
nominalmente il principe Michail di Perm’, ma di fatto il vescovo Filofej. A
Michail succedette il principe russo V.A. Kavër.
[21] Cfr. nt. 19.
[22] J. Forsythe,
cit., 6 ss.
[23] La lingua aleutina (Unangam Tunuu) è una lingua eschimo-aleutina
parlata negli Stati Uniti d'America,
nello stato dell'Alaska,
e in Russia,
nel territorio della Kamčatka.
Alfabeto inuktitut e latino.
[24] E. Morini, La chiesa ortodossa: storia,
disciplina, culto,
Bologna 1996, 107.